È lei!

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lunedì 10 febbraio 2014

Ai ravvivatori d'arte

Tra i buoni propositi del 2013, come ricorderete, miei cari 25 lettori, c'era, al punto numero due "visitare un monumento a settimana ed impararne la storia. Sennò, tanto valeva trasferirsi in Pianura Padana, invece che a Roma".
Ottimo.
Vivendo a Campo de' Fiori è praticamente impossibile scansare monumenti e storia dell'arte (ma c'è chi ci riesce, non dubitatene). Erano 4 anni che volevo entrare a Palazzo Farnese, ma per la visita occorre attendere l'allineamento dei pianeti negli anni bisestili. Ho sempre detto "Maledetti Francesi, tenetevelo Palazzo Farnese, un giorno vi sfratteremo". Disse il saggio che, se le Alpi ci separano da millenni, ci sarà pur un motivo.
Sorvoliamo. 
È imbarazzante sapere che attraverso questa Piazza almeno una volta al giorno e non la conosco. Cioè, so perfettamente che c'è la farmacia, poi vicolo del Giglio, poi vicolo de' Venti, che fa angolo con Via del Mascherone, lì dove c'è Acqua e Sapone, poi via dei Farnesi e via di Monserrato. Ho visto più case a Via di Monserrato che bottiglie di birra al mio tavolo durante l'aperitivo, per dire. 
Se uno dei pochi motivi per cui elimino senza leggerle le cortesi mail dell'Australia che mi sollecita a compilare il mio form per trasferirmi nella terra dei canguri e fornire i miei servigi alla Regina, abbiamo detto, è la storia dell'arte, che storia dell'arte sia. Anche se con il romanticismo non si mangia, chi se ne frega, io non alzo le chiappe dalla zona, dovete bruciarmi viva vicino a Giordano Bruno. Sarebbe un onore, comunque.
Questa specie di enorme comò della nonna mollato in mezzo ad una piazza è una cosa da levare il fiato. Come questi affreschi, che guardiamo anche con un po' di sufficienza perché siamo abituati agli affreschi, diocheppalle, altri affreschi, affreschi ovunque, esiste uno, nella storia dll'arte, che non ci abbia smarronati coi sui affreschi?
Sono di una bellezza disarmante. E anche se Annibale Carracci, con il suo Mangiafagioli, faceva crescere in me il pregiudizio (a stento tenuto a freno dalla lunetta con il Paesaggio con la Fuga in Egitto), ho dovuto abbassare le corna e dirmi "Ok, signori, è ora che mi rimetta sui libri e chini il capo di fronte alla magnificenza di questo posto". 
Certo, non di sola storia dell'arte vive l'uomo, a meno che quell'uomo non sia l'Argan. 
Ecco, se io sono una di quelle che, non si capisce perché, "se andassi in America i bei soldi che faresti" - sarà che ho visto troppe volte Fievel sbarca in America (e il cazzo di topo l'avrei annegato dopo due scene) e mi permetto di dire che è l'America che hadavenì da me, solo perché ho visto delle cose così belle che nessuno me le toglierà dagli occhi con insulsi grattacieli o con un gruppo di koala tenerosissimi e pucciosi. Palazzo Farnese e la spiegazione di quello che è e che è stato il mio quartiere nei secoli mi ha fatto venire voglia di fare la barbona per vivere per strada e non smettere mai di vedere la meraviglia.
Dal latino mirabilia, neutro plurale (dall'aggettivo mirabĭlis), usato nelle guide turistiche ante litteram per descrivere l'elenco dei monumenti da visitare. 

Comunque, miei cari ravvivatori dell'arte, che sembra che mangiate pane e Vitruvio e abbiate venduto l'anima al Vasari... è dura spacciarsi per per grandi intenditori se non avete vissuto Roma!

Ma, detto questo, vorrei muovere una critica personalissima a chi condivide svogliatamente articoli di Repubblica su Facebook, articoli in cui tutto va male, tutto è brutto, tutto è una merda, è tutto difficile, e come si sta bene in Inghilterra, e come si sta bene in Lituania, siamo un paese del Terzo Mondo.
Lo so che in Australia si vive bene. Anche qui, nel III secolo, immagino, si viveva bene. Non c'avevi nessuno intorno e stavi a tirarti le pietre. Lo credo che in America si vive bene, non si portano certo dietro la piaga della corruzione dai tempi di Genserico come noi. Anzi, non sanno manco chi era, Genserico. Giudicare un Paese senza valutare la storia non mi piace. Che poi io la usi come metodo esclusivo di giudizio...vabbè.
Sciacquatevi la bocca (amo, amo dirlo!) prima di parlare di un Paese che ha prodotto la meraviglia.

Specialmente se vivete in un Paese che spara in testa alle giraffe, che manco puoi boicottargli i prodotti perché producono solo biscotti burrosi nelle scatole di latta e altra roba che, personalmente, classifico come "rifiuti speciali".
Cosa ti aspetti da un Paese talmente insignificante da non avere nemmeno stereotipi?
Ah, Amleto, ecco. 
Cosa vi viene in mente se dico "Danimarca"?
Biscotti burrosi, Andersen e la Sirenetta. Concentrandomi, anche Throvaldsen era Danese, e anche Kirkegaard. Non snocciolo Michelangelo né Bruno perché sono una signora. Pizza, Dante, la Pietà di Michelangelo. Danesi, levatevi.
Se avete soppresso una giraffa perché non era tutto 'sto granché per la razza, non crediate di esserlo voi, tutto 'sto granché, per la razza umana.
Siete a stento su Wikipedia.

Se all'Acquario di Genova avessero sparato ad un delfino, probabilmente i nostri ex amici della Triplice Alleanza non avrebbero perso l'occasione per invaderci.
Lasciamo perdere, va'. Sarà che la Rispoli è sull'altro lato della strada rispetto a Palazzo Venezia, ma a me, mi sale il fascismo.






sabato 4 maggio 2013

Più Fernet, Meno Fornet.

Ieri, ero triste. Avevo una missione: smetterla di comprare detersivi nel loro imballaggio.
Ho fatto un rapido calcolo: quanti miei assorbenti staranno inquinando il mondo, al momento? Bah, 'na freca. Di qui alla menopausa, 'mbotto. Allora mi sono detta "Fai qualcosa per l'ambiente", come facevamo alle elementari. E così, tra gli assorbenti lavabili e il ridurre gli imballaggi di qualsiasi cosa, ho scelto di ridurre gli imballaggi in favore dell'igiene.
Ieri, dopo mesi - mi caricavo come uno sherpa di boccioni da 7 litri, per togliermi il dente una volta ogni 3/4 mesi - sono partita con il mio carico di vuoti alla volta di San Giovanni e della mia spacciatrice di detersivi alla spina. 
Una serranda chiusa, un laconico AFFITTASI.

Non maledico a sproposito la civiltà, perché la tipa che c'era dentro non è che fosse un genio del marketing, ma io avevo una missione. Mestamente, mi sono avvicinata al bidone della plastica e ho cominciato a spiumare i contenitori delle loro etichette. La fine di un sogno ecologico. 

Stamattina, invece, me rodeva proprio 'r culo.
Possibile che in una capitale europea non esista un posto a portata di motorino per portare a termine la mia missione? Eur San Paolo. Solo Eur San Paolo. 
45 minuti dopo, lo trovo. Sono felice, ha la Menabrea alla spina. È al Pigneto. Ci andrò stasera con la macchina.

Però, ho fatto un esperimento. Pulire il forno senza Fornet. 
Insomma, il Fornet è il male, perdío, avete provato a respirarne un nanosecondo? O a pulire il forno senza guanti, dopo? Il Fornet, poi, è in bomboletta, diomiono, a quanti assorbenti usa e getta devo rinunciare per poter buttare via una bomboletta di Fornet?
Ecco l'esperimento.
2 – Pulire il forno con il LIMONE
Tagliare a metà due limoni, spremerne il succo e versatelo in una casseruola da forno. Infornate e fate cuocere il succo a 250 gradi per circa 30 minuti. Il tempo di cottura varia a seconda della quantità di sporcizia che volete rimuovere. I vapori del limone sciolgono lo sporco, per cui non vi resta che far raffreddare il forno per rimuovere le incrostazioni. Per fare questo occorre munirsi di pagliette imbevute di acqua tiepida e bicarbonato (due cucchiai di bicarbonato per ½ litro di acqua) che passerete energicamente sul grasso da togliere. (l'ho copiato paro paro da qua)

Funziona. SI-PUÒ-FARE.
Ora la casa puzza di Tachiflu Dec, ma ha funzionato. 
Per togliere il fastidioso odore di medicinale scaduto, date un sorso di Fernet che vi strinerà le papille gustative con tutte quante le sue 27 tra erbe e spezie provenienti dai 4 continenti.
PIÙ FERNET, MENO FORNET.



In un universo parallelo, un forno spiega che pulire il fegato di un essere umano con il Fernet è VERAMENTE IL MALE..

sabato 9 marzo 2013

Ma i treni che davvero portan via non han fiori sui sedili, ma da fuori non lo sai.


Vecchioni, già lo sapevi. Sono le 7 e 06, un’ora che credevo abolita per decreto legge in virtù del sacrosanto riposo post festino arcoriano. E invece, no.
C’è gente che fa un sacco di cose, alle 7 del mattino. Specialmente in una stazione. Specialmente alla Stazione Termini.
Diciamo che l’attività si può subito dividere in due macrocategorie: l’attività legale, quella dei baristi che la torta di riso non è che gli era finita, oggi non gli era proprio arrivata, e quella illegale di chi guardava la mia borsa del piccì come Wil Coyote guarda Bip Bip e la mia borsetta molto “sono equa e solidale” come la signora ingioiellata guarda il buffet del battesimo di un nipote che non si ricordava di avere.
Ma io sono genovese, tra la borsa e la vita avrei esitazioni e dovrei calcolare l’ammontare del bottino, prima di prendere una decisione lucida e sensata.
A quest’ora del mattino, il passeggio sembra appannaggio di preti e suore. Non ho ancora visto un laico, comincio a sospettare che gli intonacati (nel senso che hanno la tonaca, non l’intonaco) ci abbiano invasi nottetempo e che nessuno abbia ancora dato l’allarme. Po’ pure èsse.
Dopo un cornetto di polistirolo, un caffè tiepido in una tazzina sporca (perdío, siete in due alla macchina del caffè, ci vorrà tanto a lavare una tazzina?) e 1 euro e 90 centesimi di bottiglietta d’acqua (vedi più vicino scaricatore di porto per eventuali bestemmie da inserire a piacimento nello spazio vuoto: _________________) sono salita su una Freccia, pronta ad andare ad esplorare un fantastico mondo lavorativo in quel di Pisa.

La cosa più simile a questo treno l’ho vista nelle foto di Paolo, di quando è stato in Namibia. Le celeberrime foto della Namibia. È una carcassa di nave commerciale sovietica abbandonata su una spiaggia. Ecco.
Sedile con vista su barbone che, poraccio, si è preparato un letto a modino sulle panchine del binario 18. Copri lastra di finto granito, lenzuolo, piumone, copriletto.
Ecco, lungi da me l’essere pro-assistenzialismo-tipo-san-martino, ma mi sembra inutile cancellare i murales “per il decoro” quando poi arrivi in stazione e sembra di stare alla corte dei miracoli. Certo, anche i manifesti elettorali di Storace non è che gli dessero man forte, al decoro.

Il mio sedile è sfondato come la poltrona di Eugenio, ma Eugenio è un gatto, ci sta che dorma su una poltrona sfondata e la ami alla follia. Soprattutto, non paga 50 euro per due ore e mezza di permanenza sulla poltrona sfondata.
Sulla poltrona sfondata c’è una golosa copia di “La Freccia – il mensile per i viaggiatori delle Ferrovie dello Stato italiane”. Ma non si chiama Trenitalia?
La prima pagina mi mette davanti all’imbarazzante verità: Ridge non è più lui, lo spirito di un’oca da fegato grasso deve averlo posseduto. Non ha neanche più il mascellone, è sparito sotto il doppio mento.

Ecco, Civitavecchia. Mancano due ore, ma nei primi 40 minuti ho visto abbastanza. Se quelli di fianco la smettono di mangiare panini con la frittata, mi faccio un pisolino. Non riesco a dormire, co’ ‘st’odore di fritto, mi sembrerebbe di stare sul bancone del kebabbaro. Che sarebbe comunque igienicamente auspicabile, rispetto a questo sedile.
Mi scuso per l'imprecisione della foto. Quanto prima reperirò l'originale a cui si fa riferimento sopra.

lunedì 30 aprile 2012

Né più mai comprerò il tuo prezzemolo.

Tra le cose che mi mandano fuori dalla grazia divina (entro la quale non credo di essere mai stata, comunque), c'è lo spreco. Lo spreco, cazzo.

C'è un'epidemia di pezze al culo e noi italiani sprechiamo. Ah, che godimento. Via tutto.
In bar e ristoranti dove si buttano tonnellate di pane. L'altro giorno ho detto al cuoco: "Senti to'o taglio per le bruschette?". Il pane era di due giorni prima, non aveva niente da invidiare ai Prigioni. Mi ha guardata con pietà. "Butta". "Ma ci puoi fare il pan grattato!". "Butta". "Se ci fosse mia madre ti farebbe un bucio di culo così (gesto): NON SI BUTTA IL PANE!!". Sguardo pietoso.

Insomma, 'ste pezze ti s'apiccicano al culo appena ti distrai. Infatti, sono a casa e non lavoro, perché non ho un lavoro, per un motivo X dedotto da qualche principio dell'Antitrust.
Comunque, l'ottica della disoccupata l'ho sempre adottata, sisamai.

Quando vado a fare la spesa, ci vado come se stessi per compiere un delitto. Seriale, per di più.
Non mi ricordo un indirizzo diverso dal mio, ma in testa ho una specie di database con il prezzo medio di qualsiasi prodotto. Dirai, anvedi che pulciara.

Non è che non abbia esattamente un cazzo da fare, se devo essere sincera. È che mi è rimasto l'istinto di dividere ogni prezzo per 4 e calcolare a quante ore di lavoro in Vineria corrisponde.
Vengo spesso colta da raptus di rivolta proletaria.

Ieri, per esempio, siamo andati a comprare il prezzemolo. 1€.
Sembrava che mi fosse morto un parente. 1€ per una pianta infestante? Che prima il fruttivendolo ti regalava?

1€, ci sono rimasta male.
Vabbè, è che la massaia tipo non è più la vera Casalinga di Voghera, quella oculata che fa i chilometri perché lìlafruttaèpiùbuona.
Diciamocelo, adesso sticazzi. Le massaie consumano non so quanti metri cubi di plastica l'anno, bisognerebbe stroncarle. Solo roba imballata: più è imballata, più è buona.
Massaia, pronto? Non comprare le merendine demmerda a tuo figlio, a fare i muffin ci vogliono 20 minuti per l'impasto e 20 di cottura. Puoi comprare un frigoverre che utilizzerai per sempre, e potrà portarsi la merenda a scuola.

Lo so che non fate caso all'imballaggio perché vivete in case grandi circondate da appositi bidoni dell'immondizia. Io vivo in 40 metri quadri, posso conferire la mia plastica solo due volte a settimana negli orari appositi in luoghi appositi, odio gli imballaggi.
Ma odio di più uno che si permetta di vendermi un etto scarso di prezzemolo a 1€. Sono 10 goleador, per dirne una.

Vogliamo fare un sondaggio? Quanto pagate mezzo chilo di pasta? Quanto un litro di detersivo o una pagnotta? Quanto pagate un etto di prezzemolo? Che percentuale di prezzemolo usate, dell'etto che avete acquistato?

Ogni tanto rimango ammaliata dalle cifre assurde delle cose che vedo al supermercato. Una busta di rucola 1€ e 90. Sarà quella dell'orto privato del Papa.
Ok, allora faccio venti minuti di autobus con il mio carrello da signora anziana, in gran segreto, e vado a piazza Vittorio, al mercato. Con 2 euro compro un camion di rucola, e sai che mi dice il fruttivendolo? "Vuoli prissemulo, signorì?". Sì, lo voglio, il prissemulo. Lo taglio e lo surgelo. 

C'era quella storia lì, quella che ci hanno sempre raccontato le maestre: lo zucchero è in basso, perché ne avrai sempre bisogno e, se non lo troverai, lo cercherai. Quello che ti vogliono vendere è all'altezza degli occhi.
Ecco, questo non mi sta bene.
Basta prenderci per il culo.
Non compro i tuoi prodotti MISURA. Io non sono una quarantenne frustrata dalla panza che non c'ha voglia di cucinare. E, soprattutto, se proprio devo mangiare della plastica, mi mangio quella che accumulo durante la settimana.
Signor Sindaco Podestà Alemanno, vede come siamo ridotti? C'è crisi perché Lei non fa la differenziata e noi siamo costretti a mangiarci la plastica che produciamo. Un inciso.

Mi piace andare al mercato, mi piace non comprare cose inutili. Mi piace fare il pangrattato, i dolci per la colazione, i sofficini e i bastoncini di pesce. Non compro un sugo pronto manco se mi stacchi la pelle di dosso, mi faccio ricaricare i detersivi.
Sono integerrima. Non compro prodotti stranieri. Non compro prodotti di grandi aziende. Niente Barilla, niente Buitoni, niente Star, Kraft o che. Qualità al giusto prezzo.
Tutta questa ideologia, ma alla fine, quel cazzo di etto di prezzemolo l'ho comprato.