È lei!

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lunedì 9 luglio 2012

Alemanno e gli uomini dei libri radical chic

Sindaco Podestà Alemanno,
è lunedì per tutti. Stamattina alle sette e mezza, i suoi operai, poracci, stavano trafficando all'Accademia del Superfluo, nota ai più come Cappella Orsini o Chiesa di Santa Maria in Grotta Pinta. Benissimo. Non so se si ricorda: qualche mesetto fa dei suoi amichetti fascistelli l'hanno incendiata. Vado così sicura sull'attribuzione politica perché ormai noi di sinistra siamo tutti radical chic e, al massimo, avemmo fatto un reading di poesie di un qualche autore della resistenza libica. Per dire. 
Dunque, è lunedì, e i ragazzi dell'AMA mi hanno citofonato alle 7.30 e alle 7.31 gli operai hanno cominciato ad ingiarmare i ponteggi. Signor Sindaco, comincio un po' a rompermi i coglioni. Ora ho messo i Dimmu Borgir a palla, per far sapere al quartiere che non subisco passivamente, ma voglio dare il mio contributo attivo al disturbo della quiete pubblica. 

A proposito di radical chic, ieri ho letto un libro radical chic, pieno di racconti di uomini che piangono e che 'aspettano'. Diocheppalle.
Approccio radical chic: le donne non tornano, se non sono radical chic anche loro. E, se tornano, lo fanno per rinfacciarti cose, poi andarsene. Comunque, se uno vuole essere radical chic, mica glielo impedisco io. Dico solo che i libri radical chic andrebbero segnalati con apposite etichette. Oppure lasciati con il finale aperto: lui aspetta che lei scenda e si palesi in fondo al vialetto. Ma con un'ascia. Ah, glorioso finale pulp.
Lui si alcolizza al bar e stramaledice quella zoccola della sua ex, poi lei passa con un altro e lui che fa, pensa a come uccidersi. Poi... lui prende la solita picozza, quella che serve per rompere il vetro in caso d'emergenza, e via dicendo. Stupiteci, uomini.
Potrei continuare per ore. Lei che fa la studentessa universitaria triste e solitaria, quella che legge Kant a tempo perso, lui che fa finta di leggerlo a sua volta, lei se ne va per sempre. Il filo conduttore, allora, è che non siete in grado di rapportarvi con l'altro sesso. Lei ti ha portato via anche il pesce rosso? Benissimo, l'hai mai visto L'Enigmista? No, questi "aspettano". Io mi scoccio ad aspettare l'autobus, figuriamoci. 
Ma è così, è vero. L'uomo radical chic ti aspetta. Difatti, che mi ricordi, questo discorso l'ho già fatto.
"Aspettavo che mi chiamassi". 
"Infatti ti ho chiamato io, che mi risulti"
"Ah-ah, è vero! Ti va di uscire, stasera?"
"Sì, ma lavoro. Finisco alle 3 e mezza/quattro, se mi intorto i colleghi alle 4 in punto arrivo a Testaccio"
"Ma figurati, ti aspetto fuori del lavoro"
"Non serve, ti raggiungo io"
"Se vuoi ti aspetto alla fermata dell'n11".
"Hanno liberato Bilancia?"
"No, non credo"
"allora non starmi ad aspettare, ci vediamo domani verso pranzo, se vuoi"
"Bene, allora. Magari ti aspetto in chiusura se gli altri se ne vanno. Sennò, domani, aspetto una telefonata quando ti svegli, ok?"

La sta ancora aspettando. Mi dispiace sul serio, ti giuro, avrei voluto chiamarti, ma aspettavo l'ispirazione. Una storia che poteva andare avanti per altre 16 ore, finita così.

Sono quelle atmosfere da "Ci penserò domani", d Pooh. Per carità, amo quella canzone.
Tornando ai nostri racconti, l'uomo radical chic ha dei limiti, è per questo che ho sposato uno che è impazzito con me di fronte alla prospettiva della Sagra delle Lumache. 
Un'altra cosa che mi da fastidio di questi uomini è che dicono tremila volte "cazzo", in momenti della frase in cui non ce n'è bisogno. Scrivono come Cobain nei suoi diari. Hanno quel certo non so che di saccenza e voglia di farsi prendere a sputi: "Non leggere il mio diario quando non ci sono. OK, adesso vado a lavorare. Quando ti svegli stamattina, leggi pure il mio diario. Fruga tra le mie cose e scopri come sono fatto". Quel piglio da adolescente segaiolo che mi manda in bestia.

Niente, forse quel libercolo non meritava tutta questa malignità, è che vicino alla virilità di fine Ottocento degli uomini de "L'ultimo dei Mohicani", sparirebbe chiunque.


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