Miei cari 25 fra lettori e stalkers, io amo la letteratura italiana. Ve lo voglio proprio gridare nelle orecchie. AMO LA LETTERATURA ITALIANA.
È la Letteratura con la “L” maiuscola.
Secondo me, ha carattere universale. Non c’è un autore “brutto”. C’è a scuola.
Per esempio, io odio Muratori, perché al Liceo mi hanno inflitto un compitino a sorpresa su Muratori, e ho preso 5/6.
Avevo la media dell’8 suonato, non si può odiare un autore dopo che ti fa una cosa del genere. Non ho mai più aperto una sola pagina di Muratori, e l’ho preso ulteriormente in odio quando ho scoperto le sue “Osservazioni”.
Odio anche Caproni, perché alle medie mi è costato un “gravemente insufficiente” con tanto di lancio del quaderno per mancata analisi della sua “Scandalo”. Anche con Caproni ho chiuso.
Ma di fronte all’immensità dell’argomento mi ci sono trovata studiando letteratura spagnola, dal 700 al 900. E quello voleva essere un libro di critica letteraria.
Se devi preparare un esame di letteratura italiana, dal 700 al 900 (inclusi, eh, naturalmente), devi ritirarti 7 anni in Tibet con appresso la biblioteca di Babele.
La letteratura spagnola ha, parola di autore ispanico, circa 8 autori importanti.
Allora, dato che vicende personali mi portano anche a covare rancore nei confronti degli hispanohablantes, ho deciso di riscoprire la MIA di letteratura, quella che amo, quella che non la smette mai di stupirmi, quella del mio amatissimo Leopardi, dell’amatissimissimo Petrarca (Muratori, non so come ti sei potuto permettere di commentargli le Rime), dell’adorato Svevo, dei crepuscolari, dell’immenso Dante della “Vita Nova”.
E mi è venuta una voglia irresistibile di Leopardi. Degli Idilli di Leopardi.
Mi è venuta voglia di ricordarmi che so l’Infinito a memoria e che mi fa sorridere, volevo assolutamente rileggere “A Silvia”, perché mi fa piangere tutte le lacrime che ho.
Poi ho guardato il portafoglio e ho pensato che, tutto sommato, la mia copia dei Canti è su a Sestri e che c’è crisi e che vabbè che è sempre un libro da amare, ma costa 15 €. E allora ho pensato a Pascoli.
A “la mia sera”, al canto di culla.
A “X agosto”, che la leggo e vorrei che non finisse mai.
Allora entro in libreria, perché voglio i Canti di Castelvecchio. Non so se voglio di Myricae o i Canti di Castelvecchio, ma decido che voglio prima i Canti di Castelvecchio.
Mentre cerco di avvicinarmi alla lettera P, mi piombano addosso 190 mila copie della biografia di tale D’Urso, Barbara – la Versione di Vasco che, per dinci, io Vasco lo adoro, ma Vasco, daje, mollaci.
C’è di tutto, ci manca solo che Melissa P. la pubblichi la Einaudi, poi siamo a posto. Diete, libri sulle diete, ricette dietetiche, “il Trota ha detto”. “Il Trota ha detto?”.
Poesia – P – Pascoli – vuoto. Ma non perdo la calma. Sarà finito in scaffale perché la gente snobba la biografia della D’Urso e riscopre Pascoli.
“Vorrei i “Canti di Castelvecchio”: mi sa dire dove lo trovo?”
“Momentaneamente è esaurito, se vuole glielo ordino, va bene per settimana prossima?”
“No, è lo stesso, grazie, vado a Castelvecchio a vedere se mi vendono il manoscritto”.
Sono a casa, non ho i Canti di Castelvecchio. Queste circostanze mi costringono a rileggere Cime Tempestose.
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