Signori della Corte, una delle mie piccole debolezze, come molti di voi sapranno, è leggere abbastanza regolarmente quotidiani e settimanali di provenienza cattolica, cosa che mi farà morire prima dell'età pensionabile.
Oggi vi propongo questa chicca, mentre preparo con amore e umiltà (una volta tanto) un pezzettino da proporvi prossimamente per una ricorrenza che spero non passi inosservata. Non è la festa di giovedì, sappiatelo.
"Non si può avere Dio per padre se non si ha la Chiesa per
madre. Critichiamo la Chiesa perché la amiamo. Da ragazzo, ho fatto una
domanda al mio prete dell’oratorio sulle ricchezze del Vaticano. Ho
compiuto settant’anni, quel bravo sacerdote marcia verso i novanta, ma
non mi ha ancora risposto. È vero che le riforme nella Chiesa hanno
tempi biblici e che bisogna avere pazienza. Di fronte ai casi di
bisogno, non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e
la suppellettile preziosa del culto divino. Al contrario, potrebbe
essere obbligatorio alienare questi beni per dare cibo, casa e vestiti a
chi ne è privo. Così dicono alcuni documenti ecclesiali. Ora, in tempo
di crisi, sarebbe bene che la Chiesa desse il buon esempio in fatto di
sobrietà. E, per aiutare i poveri, utilizzasse non solo i contributi dei
fedeli e dello Stato, ma anche i propri beni. Una cura dimagrante
sarebbe opportuna anche per lei.
Carlo M.
Se dopo tantissimi anni non le è giunta la risposta del
suo prete, forse la domanda era mal posta. Assecondava pregiudizi e
luoghi comuni. Con scarsissimo fondamento. L’invito a maggiore sobrietà e
condivisione dei propri beni è, comunque, sempre valido. Non solo per i
preti. Contro la tentazione di adagiarsi nel benessere. O illudersi
nella ricchezza, trascurando i poveri. A fronte di qualche
“controtestimonianza” (la Chiesa è fatta di uomini peccatori), ci sono
esempi splendidi di condivisione e comunione. Il cardinale Tettamanzi ha
donato i propri beni a favore dei poveri. In questi giorni, nella
diocesi di Locri-Gerace, i sacerdoti hanno deciso di autotassarsi. E
destinare una parte del loro stipendio o della loro pensione “ai più
poveri tra i poveri”. Un piccolo gesto pubblico, oltre a quanto già
fanno nel silenzio, aiutando tante famiglie bisognose."
Risponde Annibale:
Risponde Annibale:
"La ricchezza della Chiesa si delinea come
patrimonio comune a tutti i credenti già negli Atti degli Apostoli (Atti
2, 44-45), dove risalta non la quantità di beni che la Chiesa ha,
essendo in questo rimessa interamente alla Provvidenza divina, ma la
destinazione d’uso. Seguendo il Vaticano II, ci si dovrebbe chiedere
quale debba essere il ruolo dei fedeli laici nelle decisioni circa l’uso
dei beni della Chiesa, eventualmente ampliandolo.
La ricchezza della Chiesa non va confusa con la povertà come scelta di
vita del Papa. Ad esempio, Giovanni Paolo II è morto poverissimo senza
neppure avere la proprietà della casa in cui abitava e dei propri
vestiti.
La destinazione dei beni della Chiesa intreccia da sempre arte e
liturgia perché si ritiene che il bello si leghi al buono come dicevano
già i greci. Insomma, anche la ricchezza è inculturata nella storia di
un popolo e in area cattolica si cerca di legare arte, scienza e
ricchezza. Ciò in quanto la liturgia è allegoria della gloria immensa di
Dio che è anche bellezza. Si pensi alla bellezza della natura, creata
da Dio: tutto ciò che riguarda Dio deve essere necessariamente bello.
Oggi, bisognerebbe rimediare a tante sperequazioni all’interno della
Chiesa, essendoci Parrocchie ricche e Parrocchie povere. Probabilmente,
una maggiore tassazione dei beni della Chiesa potrebbe finanziare di più
le Parrocchie povere e le opere di carità. Il gettito di tale imposta
potrebbe essere garantito come destinato alla Chiesa anche a livello
della Costituzione.
Per quanto riguarda il Vaticano, è corrente la confusione tra Vaticano e
Chiesa, intesa come comunità dei credenti. Il Vaticano è una realtà
storica transeunte, la ricchezza della Chiesa ha invece un fondamento
biblico già nell’Antico Testamento e poi negli Atti degli Apostoli come
ricordato.
La Chiesa, risorta assieme a Cristo (Colossesi 3, 1), gode della
ricchezza che spetta a Cristo stesso (Apocalisse 5, 12) e la detiene a
Suo nome in attesa del Suo ritorno adeguandosi in tutto e per tutto alla
volontà del Padre circa il suo utilizzo".
Per esempio, se mi dicessero: "Vuoi essere povera? Starai tutta la vita in una casa, ma alla tua morte non potrai lasciarla a nessuno". Beh, Annibale, nel mondo moderno, 'sta roba qua si chiama "affitto", e i comuni mortali la PAGANO. In quanto pecorella, a maggior ragione smarrita, penso di aver diritto a un 120 metri zona San Pietro, per ritrovare la fede. Se ci fosse qualcosa zona Sant'Andrea della Valle, preferirei, ora che mi sono ambientata nel quartiere.
Quanto ai vestiti, se mi chiedessero "vuoi vestire Armani tutta la vita, pur sapendo che quegli abiti non saranno mai tuoi e alla tua morte torneranno da dove sono venuti?". Dico Armani, perché Armani piace a qualcuno. Beh, risponderei... "preferirei Bulgari per gli accessori, ma a caval donato..."
Infine, se la Chiesa detiene a suo nome i beni di Cristo nell'attesa del Suo ritorno... Beh, Cristo, ho una brutta notizia per te: 30 anni sono passati, temo che quella roba non la rivedrai più.
Per finire di fare l'avvocato dl diavolo (che ce volete fa', so' roscia!) mi risulta che l'equazione PIÙ TASSE PER LA CHIESA = PIÙ SOLDI ALLE PARROCCHIE non sia risolvibile.
È come se mi aumentassero le tasse universitarie, ma poi La Sapienza mi facesse un bonifico ridandomi i soldi.
È come se mi aumentassero le tasse universitarie, ma poi La Sapienza mi facesse un bonifico ridandomi i soldi.
Aggiornatevi, per Dio, e non guardatemi male "che qui dentro "per Dio" lo dico come e quando mi pare".
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