È lei!

È lei!

sabato 31 ottobre 2015

Disturbo da sbornia post-traumatica

Ieri sera sono andata allo Stone. Era un po' che non ci andavo. Ero anche senza moto. Capite bene che il quoziente di difficoltà non era trascurabile. 
Alle tre, prenoto un'Enjoy a Casalotti e stavo a Via La Spezia. Pensavo di averla prenotata sulla Casilina. Arrivo sulla Casilina e provo ad aprire una Cinquecento rossa a caso. Niente. Chiamo un taxi.
La conversazione col tassista mi debilita ulteriormente.

"Dove vuole andare?"
"Vorrei andare a Campo de' Fiori"
"Vuole o deve?"
"Quant'è importante la scelta del verbo servile?" - nella mia testa ero in tailleur nell'Aula I a tenere una lectio magistralis sull'importanza della scelta del verbo servile nella formulazione delle indicazioni al tassinaro. Alla radio parte You spin me round e credo che sia un chiarissimo messaggio dell'Altissimo che mi dice "te ggira la testa, eh! Bravah!"
Arrivo a casa, penso ad Anubi con dolcezza e mi dico "tiè, domani mattina peserò 21 grammi di meno". 

Stamattina alle 7, il signor F. si alza e comincia a parlarmi. È felice. Ogni sua parola mi rimbomba in testa come un assolo di Portnoy. Riprovo a perdere 21 grammi. I gatti mi svegliano svariate volte, ma io non desisto. Gatti. Gatti. Quanti gatti. Nella mia testa sono John Nash. Cibo. Gatti. Gatti, cibo, frigo. Frigo. Nel frigo c'è solo una verdura che ormai ha cambiato stato e si è trasformata in muffa, per altro di una cubatura tale che sarebbe forse il caso di avvisare l'ufficio del competente. 
Gatti cibo ok, cibo Vale no.
Supermercato. 
Nella mia testa parte un documentario. "È mattina presto. Questo esemplare di Ragazzina dai Capelli Rossi si avvia al supermercato. Ieri sera ha bevuto come una fogna a cielo aperto, sa che una buona colazione è fondamentale per sopravvivere". 
Supermercato.
La colazione del giorno dopo è davvero fondamentale.
"Se fossi veramente figa, non mi toglierei nemmeno gli occhiali da sole, andrei dritta allo scaffale delle birre, prenderei una Peroni e ciao". Non ho più il fisico. Il menù post sbornia prevede sempre un tramezzino. Lo cerco già pronto al banco frigo. Tonno e maionese ha un colore talmente poco invitante che penso di accoccolarmi in un angolo in posizione fetale e piangere. Cerco quel marrone nella mia palette di colori mentale e mi sembra che sia color noisette, allora mi ricordo che un mio spasimante era fissato con la storia che le donne sanno sempre come si chiama un colore e gli uomini sono daltonici per sopravvivere a questa nostra fissazione. Non lo compro, quel tramezzino, morirò.
Riprendo in mano la mia vita quando, dopo aver scritto svariate righe di calcoli sul frigorifero, esco dalla modalità John Nash e capisco che i tramezzini sono scomponibili in tutti i loro fattori e che, grazie ad un banale processo meccanico, assemblando i vari fattori dovrei ottenere un tramezzino. 
Tramezzino. Ingredienti. 
Mentre sono concentrata in questa delicatissima operazione, mi si para davanti un energumeno che tassonomicamente colloco tra i naziskin. Mi dice "Semo rimasti pochi de noi". Nella mia mente applico procedimenti appresi alle scuole medie per fare la parafrasi del Proemio dell'Iliade. Non ho figure retoriche cui aggrapparmi. Decido che il contesto è importante e grugnisco un "Eh?". Mi guarda complice e mi alza la manina a mo' di "nobis". Devo essere veramente vestita di merda. Gli dico che non sono della sua parrocchia e che non ho la forza di fargli la scenata alla Mario Brega del comunista così. Ride e se ne va. Io ho perso completamente la cognizione spazio-temporale e devo ricominciare il mio pellegrinaggio alla ricerca degli ingredienti per i miei tramezzini. 12 minuti davanti al banco frigo. L'avvoltoio di ZeroCalcare mi ricorda che in 12 minuti avrei fatto almeno una ventina di sottotitoli. Il pane. 8 minuti davanti allo scaffale del pane in cassetta. C'è pure una pagnotta rubata dalla tomba di Mentuhotep II. La spesa non è completa senza il succo di frutta che ti svolterà la giornata. Cerco l'ACE Bravo da 2 litri. Non c'è. C'è questo


C'è un succo di pitaya rossa e zenzero, vedo un concentrato di pangolino (minimo 40%) e non c'è l'ACE. Mi sento male. Maledico la prova ontologica di Kant, vorrei che il pensiero del succo ACE basti per donargli l'esistenza. Mi aggrappo a Sant'Anselmo e all'idea della dimostrazione di Dio partendo da Dio stesso, alla cui perfezione non poteva mancare certo l'esistenza. Per sillogismo, dovrebbe valere anche per il mio succo di frutta. Mi trovo a pensare a cos'avrebbe fatto Leibniz nella mia situazione e penso che sia ora di prendere un tetrapack a caso e andare a casa. Prendo un succo che ha una confezione che ricorda quella del paraflu. Mi dico che non vedo acqua da un botto di tempo, quindi non dovrebbe servirmi, bere il paraflu.
Vado alla cassa e il cassiere conta. Ah, vedi, non sono l'unica intrippata con John Nash. Nove euro e qualcosa. Spero di aver preso tutti gli ingredienti per i tramezzini. "Ce li ha, quattro centesimi?" Mi chiedo se siano in un'unica moneta o se ne devo sommare varie. Comincio ad addizionare i ramini che ho nel portafoglio con scioltezza. 5+2-1+5-2-2-1-5. E niente, provo svariate volte, ma viene sempre.
Decido di fare la disinvolta. "Vanno bene dieci?". Mentre conta il resto da darmi mi chiedo se radice cubica di cinque è un numero irrazionale o trascendente, e mi rispondo "irrazionale" perché i trascendenti non ho idea di cosa siano, sostanzialmente. 
Esco. Via del Pellegrino. Sono quasi a casa. 
Penso che quando mi riprendo spazzo il cortile. Invece arrivo su in casa e mi dico che è giunto il momento di cambiare almeno una delle lampadine fulminate, perché non vedo niente e poi manco si può invitare qualcuno a casa, se non c'hai la luce. Poi mi rendo conto che ho gli occhiali da sole.
Me li tolgo. Ah, la lampadina funziona.
Il "Facile da versare" che troneggia sul mio bricco di succo è un evidente falso storico, perché riesco a ricreare l'effetto manichetta da giardino posseduta dal demonio con piccolo omaggio alla scena dell'ascensore di Shining.
Mentre scrivo, il gatto mi ha leccato mezzo tramezzino.

Non bevo mai più, giuro. 


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