È lei!

È lei!

giovedì 12 aprile 2012

Del matrimonio

Dopo aver affrontato un bicchiere di Genziana e due bichieri discreti di Unicum, pensi di essere pronta ad affrontare qualunque cosa.
In realtà quel che succede è che ti si abassano le difese, specialmente sulla via del ritorno, verso casa, e non riesci più ad eludere un certo tipo di domanda scomoda.

Se c'è una cosa che non mi sono mai chiesta è "perché ti sei sposata".
E che ne so. Se l'avessi saputo, l'avrei pubblicato su Facebook.

Dato che Blogger è un posto serio, credo che dovrei approfondire con dovizia di particolari genesi-sviluppo-implicazioni del fenomeno "matrimonio", ma non sono in grado.

Sono viziata e per niente abituata a dare spiegazioni. Che non è necessariamente sintomo di intelligenza.
Non ne sono sicura, ma credo che sia scattato da qualche parte, fra le mie sinapsi, il meccanismo della bisbetica domata.
Detto questo, credo che come spiegazione sia sufficiente.

Dato che ho la Luna nel segno e forse vi ispiro degli interrogativi, alle dieci persone che mi chiedono insistentemente se sono felice di essermi sposata rispondo con un laconico mugugno, ultimo baluardo della mia genovesità.

Il fatto è, miei cari inqisitori, che potevate pensarci prima.
Oppure, potete concentrarvi sulla vostra infelicità, e lasciar stare la mia vita serena.
Infine, potete andare a mignotte, e risolvere i vostri problemi con il sesso.
Se preferite, potete guardare vecchie foto ascoltando l'ultimo di Tiziano Ferro.

L'appartenenza alla categoria degli "sposati", sa di vecchio.
Di provincia. Di cena in una cucina buia. Di pantofole e vestaglie anni '50.
Mi avete rotto le palle.
Il fatto che uno sia sposato, non vuol dire che sia in prognosi riservata e che possiate cominciare a spartirvi aneddoti sugosi e ricordanze.
Il tempo passa, invidioso o meno. Se voi non siete in grado di fare nulla di più appassionante che rappresentare al punto croce il ciclo vitale delle orchidee su una tovaglia che regalerete a vostra sorella per Natale, non è un problema mio. Non lo è mai stato, non lo sarà mai.

"Ma sei felice?" è una domanda che mi shakera la bile.
Se me lo chiedi vuol dire che ti vuoi fare una barca di cazzi miei, possibilmente per spargerli nel vento e privarti della possibilità di campare cent'anni.
Non me lo chiedere.
Non ho niente da raccontarti. 

Risparmia la telefonata per dirmi che sei preoccupato per me, perché non ci crede nessuno, nemmeno la sabbia del mio gatto.
Risparmiati i vari "è troppo che non ti vedo, la vita da sposata ti fa male!", perché ho semplicemente cambiato bar per evitare di incontrarti.
 
"Secondo me", "A parer mio", "Se mi permetti", sono tutte espressioni che non mi interessano.
Se posso essere sincera, con il tuo parere ci sturo la canna fumaria.
Come non mi interessano le tue indagini comportamentali. Non sono un'otarda.
Non mi interessano le tue statistiche. Quanto siano durate le mie precedenti storie, non lo so, ma il fatto che tu pretenda di saperlo mi fa vaticinare una tua possibile parentela con Ted Bundy.

Credo proprio che sia l'ora del mio muesli: donne, fanciulle splendide che conosco, sposatevi, rimarrete splendide lo stesso. Semplicemente, ai vostri ex roderà il culo.

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