le lascio il prezioso appartamento “tre camere bagno cucina
balcone”. Sarà lieta di trovare un sacco di cose. Le lascio le sedie, le
lascio i piatti, il tavolo, dei mobili non miei, delle tende sporche di
fumo, dei muri putridi e ammuffiti. Le lascio un chiodo appeso sopra la
porta del bagno, quasi al soffitto: ci appenda la borsa, invece che
lasciarla in giro, magari sul tavolo della cucina. Se da un’occhiata in
cucina, le ho lasciato una dozzina di modi diversi di morire fulminata.
Li tenga, io ne ho trovati altri, magari le servono.
Il bagno, ha visto, è come l’ha lasciato. La pavimentazione
irregolare tipica del mosaico bizantino, con toni dorati dati dai
frammenti di filo elettrico scoperto sparsi specialmente nei pressi
della perdita d’acqua sotto la vasca da bagno, è ancora intatta. Davvero
ammirevole che si sia conservato nonostante l’uso smodato che ne
abbiamo fatto. Mi sono permessa di fare qualche lavoro di manutenzione e
miglioramento, tra cui lo scarico dell’acqua. Sa, ho perso il lavoro e
ho dovuto licenziare il servo addetto alle abluzioni. Allora ho fatto
mettere la cassetta dell’acqua nuova, mi perdoni, lo so: sono una
maledetta borghese. Comunque, se guarda il lavandino, ho cambiato il
gomito, l’ho anche siliconato con le mie mani sante innumerevoli volte:
impossibile non avere attacchi d’arte nella sua splendida magione.
Ma venga, sù, questa è stata la mia stanza: le ante dell’armadio ci
sono tutte, cosa che non si può dire delle viti dei cardini. Ecco il
terrazzo. Lo tengo isolato con una tapparella a chiusura ermetica
modello ghigliottina per non infastidire le mie piante secche, un po’ di
rispetto, su. Questo glielo lascio, è un bel porta dvd Ikea dal valore
inestimabile, farà coppia con i mosaici bizantini del bagno. Se si
guarda intorno, potrà scorgere scene grottesche e meravigliose di 3 anni
di vita. Potrà vedere me e la mia adorata ex coinquilina intente a fare
pulizie inusitate, a ridere fino alle lacrime guardando film stupidi,
mangiando cibo cinese freddo, scoprendo gadgets sopra gli armadi,
dormendo abbracciate alle rispettive bacinelle, comprando oggetti
inutili ma abbinati. Effettivamente, se guarda il materasso, può notare
delle lussuosissime macchie d’olio. Sì, le scrivanie sono due. Queste
gliele lascio insieme al ricordo scarsamente intellettuale di tutte le
volte in cui sono state adibite a tavolo da pranzo. Questi splendidi
intarsi risalgono almeno al neolitico, a giudicare dalla finezza della
fattura. I materassi non sono sfondati, sono praticamente nuovi, qui
dentro non s’è mai dormito. Cosa manca? Ah, sì, questo glielo lascio, si
ricordi, ci bagni i muri ogni tanto, sono i drink versati in giro per
casa che tengo su la baracca. Venga in cucina, ammiri la dignità di
questo legno che, nonostante sia morto da un paio di glaciazioni,
continua a produrre resina. Le offro un caffè: mi raccomando, quando fa
il caffè, chiuda il gas. Mi spiace aver rimosso il cartello “ESPLOSIONE,
MORTE, DISTRUZIONE”, ma lo tenga a mente. I fornelli vanno puliti
almeno una volta al giorno, o si tappano. O si squagliano, non l’ho mai
capito. le tazzine me le sono portate via però, non le avrei lasciato
certo la tazzina diabolica di D’lyla. Oh, i cucchiaini se li ricorda?
Beh, come no, l’avrei detto. Un servizio del matrimonio. Di chi?
Di Enrico VIII?
Haragionenientepolemiche. Come, come? Se ho spostato il boiler?
Intanto, non lo nomini invano, il boiler, è di temperamento collerico e
molto lunatico, per non dire “posizionato sull’ultima presa funzionante
di tutta la cucina”. Se s’arrabbia comincia a colare acqua. Non sembra,
ma è un altro modo qualsiasi di morire. Comunque, non l’ho spostato. Il
signor Gianni? beh, quasi sicuramente è stato lui. Chissà che faceva
mentre noi ci sfondavamo negli Irish Pub del centro. Minimo minimo, uno
che s’annoia si mette a spostare i boiler da un punto all’altro di una
stanza. Io, quando sono nervosa, mi metto a smontare porte blindate e a
cambiarle di posto, nel palazzo. Comunque, come vede, la casa è come
l’ha lasciata, in bilico su muri fradici.
Beh, mi sa che è tutto.
In sintesi, le lascio un migliaio di giorni di risate meravigliose,
di luce splendida, di miti coinquilini, di paste carbonare, di cuba
caserecci, di biscotti marmorei, di animali della savana, jene,
sciacalli e licaoni, di tossicodipendenti buoni con tutti meno che con
me, di montagne di birre, di scuola guida, di esplorazioni, di esami, di
bollette, di mattine troppo brevi, di ospiti sconosciuti, di amici, di
amici degli amici, di imbucati amici degli amici degli amici con cui ho
dormito. Le lascio 3 anni di fiducia nel mondo e nell’eterno scorrere
del tempo, anni di sdrammatizzazioni e movimenti sexy. Mo’ basta, non
sarà troppo?
Non se ne parla: non glieli lascio proprio i miei Campari, il mio
terriccio sul tavolo della cucina, mi ridia subito la carbonara di
Lorenzo, il grembiule rosa di Ivanka, le bestemmie di Peach (lo so, o
Peach, non è poetico, ma sei stato un grande maestro), il timballo di
Lola, l’influenza gastrointestinale cronica di Dalila, e pure i krapfen
di Giuseppe II… molli subito le serate alla Rocka, e la domenica sera a
guardare Tutti pazzi per amore.. Morta di fame… questa è roba mia, lei
non c’entra niente. Me la sono meritata, sta roba qua.
Mi sento come se l’Asl mi avesse chiuso il bar.
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