È lei!

È lei!

sabato 29 dicembre 2012

Masters of Horror, S01E06

HOMECOMING 

Ieri sera avrei voluto dormire prestissimo. A mezzanotte ho finito di lavorare su una traduzione, a mezzanotte e mezza Paolo mi ha dato forfait, all'una ho aperto bramosa il mio cofanetto di DVD alla ricerca di horror-pulp-cagate. A dieci minuti dall'inizio di Cannibal Ferox, Paolo si sveglia giusto per chiedermi che cagata stessi guardando, offendendo il mio novello spirito di critico cinematografico e, per tanto, costringendomi a lavare l'onta con un altro film.
Allora ho messo la prima stagione di Masters of Horror che, come Dexter, meriterebbe di essere seguita solo per la sigla di apertura. Non so se ve l'ho già detto, ma è una serie curata e credo anche prodotta da Mick Garris - non aspettatevi Centovetrine - alla quale collaborano, guarda un po', i registi di spicco del genere. Dario Argento, Don Coscarelli, Carpenter, Garris stesso e via dicendo.
Insomma, ieri ho visto l'episodio numero 6, Homecoming, di Joe Dante. 

La storia, detto tra noi, non è che sia tutto sto granché. Neanche la regia, se è per questo. 
Sì è simpatico, soprattutto è pieno di citazioni da altri film. 
Tra l'altro, avete notato che *off topic* il dottore della seconda stagione di American Horror Story è IDENTICO al dottore che cura Susan in Suspiria di Dario Argento? Vabbè.

File:Homecomingmastersofhorror.jpgAlla vigilia delle elezioni, durante un programma tv di discutibile gusto, David Murch, che scrive i discorsi del presidente, e una specie di battona conservatrice, si incontrano per discutere delle solite pallosità, finché vengono interrotti dalla telefonata di una signora che chiede, di preciso, perché suo figlio sia morto in guerra. Domanda lecita. Murch da parvenza di avere un cuore, e coi lucciconi rivela di aver perso un fratello in Vietnam. Ed esprime un desiderio: "if I had one wish, I would wish for your son to come back, because I know he would tell us how important this struggle is." Ah-ah-ah.
I soldati ritornano dal mondo dei morti, e non è che siano dello stesso avviso. Invadono le città.
Chiedono di votare, perché il candidato dell'opposizione fermi la guerra. Dopo il voto, muoiono una seconda volta. Ma i loro voti non vengono conteggiati. E, nel loro piccolo si incazzano e, "come fanno i soldati in questi casi", chiamano rinforzi: i morti in battaglia di tutte le guerre invadono l'America. E con chi se la vanno a prendere? Con chi li ha scomodati.

Non chiedetemi perché, ma questo film mi ha commossa alla morte. Ho pianto come una fontana.  L'ennesimo insuccesso di Joe Dante, che doveva fare un horror e non ce l'ha fatta? L'ennesimo pasticcio di ormoni e conseguente lacrima facile? Oppure ho letto un sottotesto nascosto ai più e visibile agli eletti aspiranti cinefili della notte?

venerdì 21 dicembre 2012

I bambini dei ricchi

I bambini dei ricchi si sono persi un sacco di cose.
Ieri, per la serie "attività manuali e pratiche", ho portato la pasta della pizza, perché i miei nani si svagassero e imparassero a dire "farina", "mattarello", "salsa di pomodoro", "forno" e affini.

E: "Vale, cosa facciamo, oggi?"
Lei: "Tesoro, la pizza!"
E: "Ma quella vera?"
Lei: "Certo, quella da mangiare!"
E: "Ma come si fa?"
Lei: "Vedi, questa è la pasta, si spiana, si aggiunge il pomodoro, si mette in forno e...."
E: "Ok."

(dopo un po')
E: "Vale?"
Lei: "Eh..."
E: "Stavo pensando...."
Lei: "Dimmi..."
E: "La pizza non si può fare in casa, si deve comprare nel negozio!"

Mia cara nanetta, che ti voglio bene come se fossi figlia mia - anzi, pure di più, perché io alle 19 stacco e arrivederci - e ti amo perché mi snoccioli parole in inglese a raffica dopo soli tre mesi che ti insegno, sono felice (per te) che il tuo mondo sia fatto così.

Per voi figli del popolo, ecco la ricetta:

mezzo chilo di asta per la pizza che comprerete al Forno più vicino. Qui costa 1 euro e 50.
a naso, 100 ml di passata di pomodoro che, se siete formichine come me, avrete fatto a metà della scorsa estate e surgelato in comodi vasetti monodose
Mozzarella qb e qvp (quanto vi piace): fatela sgocciolare, o viene un macello!
Assemblate gli elementi imparando utilissimo lessico specifico che vi consentirà di trovare lavoro a Londra come pizzaioli*


* dough, puréed tomatoes, rolling-pin, oven.

giovedì 20 dicembre 2012

Spassionati consigli di lettura: Alice Cooper, Golf Monster




Non ne potrete più fare a meno.
Al di là dell'essere fans o meno, è un libro obiettivamente scritto bene (confido che la traduzione italiana renda merito all'originale), leggero e divertente.
La struttura è piutosto semplice: un capitolo o due di biografia, un capitolo sul golf, in cui si spiega com'è che una rock star del genere (e che genere!) si è messa a giocare a golf per prendere a mazzate il demone dell'alcol. E mica è l'unico!
È un bel pezzo di storia della musica, che i fans dei Pink Floyd dovrebero leggere per sciacquarsi un po' la bocca (erano anni che sognavo di scriverlo!) e ridimensionare la spocchia. Da che pulpito. Anche i fans dei Genesis potrebbero rendersi conto che Alice Cooper esisteva già da quel dì. Ma forse anche i fans dei Kiss, che non hanno inventato niente. 

Ma lo sapevate che Pretties For You fu prodotto da Frank Zappa?

Sono 25 capitoli, per un totale di 252 pagine (scritte grandi, eh!) in cui zio Alice ci spiega i 12 step (come quelli degli alcoisti anonimi, se non sbaglio) per diventare un vero golf-dipendente. 


"My liver would like to dedicate this book to me for giving up drinking and taking up golf"



mercoledì 19 dicembre 2012

Choosy, per forza.

Gentile Ministro Fornero, 
oggi ho un attimo di respiro dal lavoro e ho deciso di mettermi a sospirare sui soldi che non ho.
Le riassumo il quadro della situazione: Infostud mi ha appena detto che, per iscrivermi al primo anno di Magistrale in Scienze del Testo (una roba talmente sofisticata e che tiene talmente alla larga le possibilità di lavoro che non le dico), dovrei cacciare 800 e rotti euro. C'era una canzone che mi piace molto, che dice che anche l'operaio vuole il figlio dottore. Il fatto è che quella canzone avrà quarant'anni, e ci eravamo illusi che il concetto fosse passato.
Il mio amore per lo studio non può sottostare ad un mese di stipendio devoluto in beneficienza a Rettori corrotti e a Facoltà che non frequento. 
Appunto, non frequento. Non consumo i banchi, non usufruisco di alcuno dei miseri servizi a nostra disposizione, non uso neanche il bagno, se vado all'università, perché non ho tempo, in linea di massima. Da studentessa-lavoratrice e non frequentante, mi sento offesa nel profondo. Non parliamo di diritti allo studio calpestati, eh, per carità. Parliamo solo del reddito di mio marito, che l'anno scorso ci ha campati a me e ai gatti, pagando un fracco di affitto, accollandosi bollette, spesa e pure le vacanze. Dove crede che siano finiti quei soldi? La aiuto. Il 21% in IVA. uno dei restanti 4/5 in accise, tasse regionali, tasse comunali, adeguamenti ISTAT e cazzi vari. 
Io, da maggio, ho una posizione fiscale. Comunque, il 27% dei miei guadagni da in contributi che non vedrò mai e un onesto 5% ve lo mettete in tasca voi. 
Secondo me, non avete bisogno dei miei 871 euro. Infatti ho intenzione di tenermeli. 
Vi attaccate proprio, a questo giro.
 
Chi eravamo noi? I Choosy, l'esercito del surf?
Quello che traspare chiaramente da ciò che ci circonda è che studiare non ripaga. E allora perché? Per piacere personale? Le pare che per piacere personale avrei mai dato un esame di geografia? Ah, ecco.

Per piacere personale, darò una serie di esami privati. Con quei soldi farò due seminari di traduzione e 2 esami privati che mi daranno un calcio nel culo dentro il mondo del lavoro.

Quante belle cose che penso, come sarebbe bello se a tutti noi, che ci facciamo un culo così e portiamo avanti queste carriere accademiche isteriche e spossanti, come sarebbe bello se ci metteste un bell'indicatore luminoso addosso! "RISPETTO, VALGO TRENTA VOLTE VOI".
Invece no, da noi volete ancora di più. Da chi non ha una famiglia alle spalle che può permettersi affitti stratosferici per tutti, da chi lavora come uno schiavo e ricorda vagamente il significato di "giorno libero", ma perché l'ha visto scritto sui monitor della metro tornando da lavoro.

Puniamo tutti quelli che non sanno neanche pagare le bollette alla Posta, tutti quelli che vivono con i genitori, quelle che vengono a lezione con il tacco 12, chi - a Lettere!- ostenta l'I-pad. Ma dov'è Lettere, dov'è finita? Ma non eravamo tutti innamorati dei libri, una volta? Cosa sono queste mignottelle truccate come Moira Orfei che alla seconda ora di lezione sanno già di formaggio stagionato? Lei, signora Fornero, queste cose non le sa, sa solo che siamo choosy e sticazzi.
 
A stoggiro, sticazzi lo dico io. Basta con i retaggi cristiani, w il capitalismo. Homo homini lupus, il lavoro rende liberi. Ho dimenticato qualcosa?
Ah, sì, "non siate choosy".
Te credo che non siamo choosy, Fornè, pe' esse choosy tocca avecce i sòrdi.

venerdì 14 dicembre 2012

Convivenza con un berlusconiano: a volte ritornano.


Quando ritornano fuori dai romanzi di Stephen King, è un problema.

E questo ritorna per il bene del Paese. Caro Silvio, non ho ancora speso una parola per te.
Non è che ce l'abbia con te, sono troppo giovane per avercela ragionevolmente e a ragione contro di te. Poi, non ho tempo!
Io penso che ti piacerei, perché nel mio piccolo sono un'emigrante intraprendente, mi reinvento in mille mestieri - eccetto un paio, ecco perché sono povera - e adoro avere gente a cena. Fare del gran casino, insomma. Certo, non sarò mai ai tuoi livelli, ma dammi tempo.
Parlando di politica, Zio Silvio (posso chiamarti così? "Papy" mi mette un po' di ansia!), ecco come la penso, l'ho detto ieri a mio marito - che è un tuo sostenitore. Non è che io ce l'abbia proprio con te, è che se mi t poni "di destra", a me già... Poi, cioè, se mi regali una casa a mia insaputa, ok, ti voto.

Lei: "Amó, non è che venga da una famiglia di marxisti-leninisti, ma da una famiglia di gente che si alza la mattina e va a lavorare, che paga il mutuo, i buoni pasto per la mensa, la rata della macchina, quelle cose lì. Immagino che mi abbiano insegnato che voglio che tutti possano andare a scuola, tutti possano essere curati, tutti possano essere puniti. Niente di paranormale."
Lui: "Beh. Che, con Berlusconi non ti sei curata o non sei andata all'Università?"
Lei: "Intanto, sotto la sua bandiera, le tasse regionali per l'Università sono aumentate. La salute, non lo so, io non mi curo, mi siedo lì e mi passa"
Lui: "Allora cosa ti cambia che c'è Berlusconi o no?"
Lei: "Se stai cercando di estorcermi se voterò PD, tranquillo, non voto PD. Amó, ma ci può governare un'ottantenne?" [Silvio, non te la prendere ma, nei tuoi panni, da mo' che m'ero comprata un atollo e ci avevo lasciati in questa valle di lacrime!]
Lui: "Che c'entra l'età?"
Lei: "Amó, se è un Highlander e rimarrà soltanto lui, ne prenderò atto!"
Lui: "È troppo avanti, sondaggi, indagini di mercato. È un genio!"
Lei: "Sondaggi una ceppa! Se parli con chiunque ti dice che vuole le stesse cose che voglio io, non il cornetto caldo la mattina davanti alla porta. Non mi sembra che abbia parlato di nessuna di queste tre cose. Come non l'ha fatto Bersani, eh! Infatti, sai dove va il mio voto, amó..."
Lui: "Amore, ancora co' la lotta di classe?"
Lei: "Che, ho detto che voto per la lotta di classe?"
Lui: "C'hai pure la cartolina di Stalin vicino alla scrivania!"
Lei: "Addavenì Baffone! Lotta di classe, nel terzo millennio che vuol dire? Che invece che gli operai, magari al potere ci va il ceto medio, quello che sta diventando il nuovo proletariato urbano"
Lui: "Quando parli di proletariato, già va male"
Lei: "Vodka, amore?"
Lui: "Con la tonica, grazie."

Ricetta per riappacificarsi con il marito berlusconiano:
in un tumbler alto pieno di ghiaccio, versate
1/3 di vodka Moskovskaya
2/3 di acqua tonica e il succo di uno spicchio di limone.
Guarnite con uno spicchio di arancia

Lei: "Amó, ma quando ti ricapita una tenera mogliettina come me, così giovane che crede ancora a Robin Hood?"
Lui: "Speriamo che non mi ricapita, amó, me l'aveva anche detto, quello dei condizionatori. "Che te sei messo n casa 'n pelo rosso? aaaaambè!", m'ha fatto. E aveva ragione."
Lei: "Ma se ti ho anche fatto la vodka!"
Lui: "Non mi hai messo Porta a Porta, però!"
Lei: "Ma sul serio, amó? Porta a Porta come gli anziani?"
Lui: "Come ti pare, è un programma serio!"


[switcha su Rai1 - Porta a Porta - titoli cubitali: "KATE È INCINTA!]
Lei: "Amó, finisco di riassumere il capitolo, salgo su un attimo. Chiamami quando fanno il totonome! Chissà se fra vent'anni, in qualche questura, sentiranno dire che è la nipote della Regina d'Inghilterra!"

giovedì 13 dicembre 2012

La Casalinga di Voghera: plum cake allo yogurt con dedica

Alla cara Marty che ha voglia di plum cake.
Ti rassicuro, intanto: appena lo toglierai dalla teglia, te lo mangerai tutto. Non perché sei tu, perché è inevitabile. Non sazia, questo plum cake. È troppo leggero.

ingredienti

3 uova
180 gr di zucchero
100 ml di olio di semi
250 gr di yogurt
250 gr di farina 00
1 bustina di lievito per dolci
1 limone
3 mele

Allora: se le mele sono di dimensioni "normali", una è sufficiente, sennò diventa una torta di mele. Le mele puoi anche non metterle, tra l'altro. Nel caso, le sbucci e le tagli a pezzetti che bagnerai nel limone - se ti piace, tanto limone, sennò solo il necessario perché  i pezzi si ammollino senza diventare neri.

Detto ciò, "monti le uova con lo zucchero". Ci aggiungi l'olio - loro dicono a filo, ma per questo ti serve quasi sicuramente un aiutante - e poi lo yogurt. Parentesi sullo yogurt: la ricetta dice "Pesca", ma con lo yogurt bianco intero è una roba da non credere. Anche con il cocco è da paura, ma a quel punto, niente mele. 
La farina, ecco, sì, la farina andrebbe setacciata, perché sennò dovresti usare una frusta elettrica (o manuale, siamo ecologici e radical chic) per eliminare i grumi (e verranno, oh, se verranno!). Non dimenticarti il lievito!
Ci aggiungi le mele, se è il caso, e mescoli con un cucchiaio di legno. 
Ungi uno stampo da plum cake (èh, io so' organizzata!) con il burro e lo spolveri di farina. Credo che anche una teglia piccola vada bene: il mio stampo da 30 cm trasborda sempre un po'. Basta che riempi (anche gli stampini da muffin, per dire: ma occhio a quelli, perché uno chiama l'altro!) quel che è fino a 2/3, onde evitare esplosioni in forno.
Il forno va a 180° per 35/40 minuti - controlla sempre con lo stecchino!

Ora me ne hai fatto venire voglia anche a me.
Fammi sapere!

venerdì 7 dicembre 2012

Dylan, addio!

Adoro. Semplicemente, adoro.


C'è una cosa strana che succede a noi collezionisti di fumetti.
Finisce lo spazio in casa, per esempio. 
Io da mo'che l'ho finito: 4 anni.
Prima avevo una porzione di stanza doppia. "Spazio? Quale spazio?" Però ero l'eletta, perché la ragazza che stava in quella catapecchia (nota ai più come Casa Sinuessa - ah, è lei che l'ha battezzta così!), al mio posto, prima di me - ovviamente- aveva una mensola. E io avevo una mensola sopra la scrivania, cosa che avrebbe dovuto farci presagire che sarei diventata una scienziata. Così non è stato. Ma questa è un'altra storia. 

Poi ho avuto mezza casa, ma era grande come la mia porzione di stanza doppia, in più affittata da un signore che risponde al nome di "Amó" [mio marito, per chi non frequentasse] che ama le fotografie. Gigantografie dove avrebbero potuto essere librerie. Savane, ghiacci polari a dimensione naturale. Ettari di bosco a forma di mobile grasso e ingombrante. 
E io sono arrivata candida: candida come un fiocco di neve. Con 8 scatoloni di libri. E ho continuato a sfornarne, negli ultimi due anni. Perché mia mamma è come me, ha bisogno di spazio per i suoi libri. 

Allora, Dylan, mio caro Dylan, compagno degli ultimi 7 anni di vita...
La nostra storia è un po' burrascosa, lo ammetto. Odi et amo. Ti ricordo che, per causa tua - insieme a Vasco e a Via col Vento - ho perso un fidanzato. Aveva una casa nuova comprata da mammà, già mi immaginavo chilometri di librerie. Mi ha detto "Alla tua età, leggi i fumetti? Sei messa male. Il fumetto è indice di superficialità, mi vanto di non averne mai letto uno". Anvedi che infanzia demmerda. Io sono stata iniziata al fumetto in tempi non sospetti, appena ho cominciato a leggere, perché mio padre aveva lasciato incustoditi presso la magione dei nonni, larga parte dei numeri di Diabolik, Tex e Mister No che leggeva da ragazzo. 
Poi una fa delle indagini e cerca la cosa più vicina ai suoi gusti. Il primo numero di Dylan Dog che ho letto è Il Fantasma di Anna Never. L'ho trovato ad un mercatino, per sbaglio. L'ho comprato ad 1 euro e 50 ed è la prima edizione. 
Dylan, che devo dire, mi sei piaciuto, anche se sei indice di superficialità. 
Poi ho avuto una semi tresca con un signore al quale ho omesso l'esistenza della mia collezione. Tanto, mi ha scaricata comunque. Ma credo che fosse reciproco.
Dylan, nel frattempo la mia collezione cresceva esponenzialmente. 
Color Fest, Albi giganti, Almanacchi della Paura, arretrati. 

Finalmente ho ricongiunto la mia collezione romana con quella sestrese, sono quasi due metri. 
Dylan, ieri sera mia suocera mi ha regalato ventisei voumi di dizionario enciclopedico UTET. Volevo saltarle al collo e fare una capriola in mezzo al salotto, ma non è educazione. 
Ne ho bisogno, di quello spazio. Sai, io amo i dizionari. 
Un dizionario - come diceva un'amica di mia mamma - è come una dentiera: ognuno deve avere il suo. 
Un dizionario ha bisogno di tempo, di attenzioni. C'è sempre un motivo per consultare un dizionario. Figuriamoci se enciclopedico. 
Io ho un problema con i dizionari. Mi succede di alzarmi, nel mezzo di una cena, e andare a cercare una parola sul dizionario. Molto spesso etimologico. Così, per essere sicura che stavo per dire una cosa interessante o, quantomeno, corretta.
 
Non mi ricordo, ma forse sì, chi avesse tentato di stupirmi (ma ci sarà riuscito?) con un DELI, di quelli un po' nani. Forse aveva paura di spiaccicarmi tra le pagine del DELI per adulti, a mo' di stella alpina. Non mi ricordo neanche perché. Però, aveva capito qualcosa della mia malattia per i dizionari.

Comunque, ora ho un DELI per grandi. Me l'ha regalato mio marito due mesi dopo che siamo andati a vivere insieme. Una parola al giorno va cercata, sul DELI. Anzi, ora che ci penso, riapro anche la finestrella del blog, così vi fate una cultura. L'Etimologia è una bestia strana: se è il tuo pane quotidiano e ne conosci i meccanismi, sai come domarla, il DELI  uno strumento di conferma e di affermazione del proprio io narciso (nel mio caso), oppure è il cilindro magico.

Cercare una parola sul dizionario presuppone cura ed impegno. Concentrazione, dedizione. 
Cerchi una parola per impararla, farla tua, usarla. Io li odio i dizionari online.
A me piace la carta, sfogliare le pagine, indugiare su altre definizioni e via dicendo. Perdere tempo, ecco.
Un dizionario Enciclopedico, figuriamoci! È da ieri sera che lo leggo. Sì, io i dizionari li leggo, non fateci caso.

Dylan, vedi, io non ce l'ho con te, ma non è che posso occupare un metro cubo di libreria con tutti i numeri della mia collezione.
Devo dire che mi ricordi anche un periodo non particolarmente festoso della mia esistenza. Mi ricordi la fame, la fame fisica e metafisica. Mi ricordi lo sbandamento delle tue avventure che sembrava uscire e occupare i miei spazi vitali. Mi ricordi quelle ore alla fermata del notturno, volti su volti di persone di cui non mi ricordo il nome. Mi ricordi amici che non frequento più perché non eravamo amici, ma un branco alla ricerca di cibo.
Poi, diciamolo, i disegni non sono più come una volta. Con il 315, la nostra avventura finisce, Dylan. Addio almanacchi, doppioni, speciali, collection books, albi giganti, color fest. 

Addio, Dylan, ormai sono cresciuta e tu sei cambiato. 

Sai, il Dizionario Enciclopedico ha una valore forte all'interno del mio barcollante sistema ideologico. 
È finita. 
E non guardarmi così, che mi fai piangere.