Quando ti sposi, la famiglia converge in un ultimo, regale
sforzo economico e sgancia gli ultimi soldi, conscia che sono gli ultimi
davvero e che il pulcino è pronto per spiccare il volo. Io l’ho spiccato
relativamente presto, appena ventenne. Aveva ragione mia madre che non me l’ha
mai detto perché è una vera signora, ma pensava “Che cazzo sta facendo, mia
figlia, non pensavo si fosse drogata così
tanto”. Non che siamo mai stati liberali, in materia di droga, in casa mia.
Mia madre ha scambiato il mio matrimonio con il mio
funerale, si è presentata vestita di nero e con gli occhiali scuri, portando
con sé due container di fazzoletti. Aveva ragione mia madre. Comunque le nonne
sono sempre felici ai matrimoni e penso che, se mi sono sposata, almeno loro hanno
passato una bella serata. Le nonne ti guardano soddisfatte, sei la prima nipote
che si sposa. Hanno gli occhi lucidi e un sorriso complice mentre ti allungano
l’ultima bustina con i regolari cinquanta euro, un po’ gonfiata per
l’occasione. Ah, noi siamo genovesi, di famiglia.
Quando vedi le nonne sedute al tavolo, felici di te e libere
dal terrore che rimarrai zitella a vita come la nipote di quella loro amica che
ha trent’anni e non ha ancora trovato un bravo ragazzo che se la sposi, pensi
che anche se la tua vita matrimoniale sarà una fedele riproduzione di dieci
ergastoli ad Alcatraz, almeno le hai rese contente. Non ti dicono, le nonne,
che passerai l’85% del tuo tempo libero a pulire lo sporco creato da altri. Per
le nonne è normale, è la vera realizzazione della vita di una donna. Anche
quanto a femminismo non andavamo fortissimi, in casa mia.
Aveva ragione mia madre perché probabilmente c’era già
passata lei, ma i tempi non erano maturi per scappare per il mondo e far
perdere le tracce di sé, oppure c’è rimasta incastrata come me, mia madre,
inseguendo un sogno di perfezione borghese che non ci appartiene.
Quando ti sposi non ti danno un bel libretto delle
istruzioni con un elenco di tutte le cose a cui puoi dire addio per sempre
perché le hai barattate inconsapevolmente con un contratto a tempo
indeterminato con la noia e il male di vivere. Anche un pieghevole
incomprensibile con l’omino stilizzato di IKEA che mima un possibile: “Calo del
desiderio in 3…2…1…” andrebbe bene. La butto lì, per una futura pubblicità
progresso.
Quando ti sposi è ovviamente tutto meraviglioso, ti muovi
per casa a grandi balzi come Bambi innamorato nel cartone Disney. Anche anni
dopo ti muovi a grandi balzi principalmente per evitare il partner che ti
sedimenta in giro per casa.
Ma un matrimonio fallimentare è una spinta inesorabile verso
l’infinito e oltre della tua professionalità. Vivi in ufficio, dove non è
necessario muoversi a grandi balzi, perché i tuoi colleghi hanno una vita vera
e ad un certo punto sembrano anche felici di tornarsene a casa. Tu apri e
chiudi l’ufficio. Vai in palestra prima e dopo l’ufficio. Quando torni a casa,
hai comunque del lavoro da finire o un documento importante da leggere. Nei
giorni del fine settimana in cui sei particolarmente performante, riesci a
infilare sedici ore consecutive di silenzio annoiato in presenza del partner,
evitando anche frasi di circostanza che dedicheresti anche al chihuahua sordo
della vicina. Se sei in forma, riesci ad apparecchiare la tavola in modo tale
che il tuo lui non debba nemmeno chiederti di passargli il sale.
La tua presenza di orpello parlante è spesso fonte di
scocciatura. Le tue velleità sociali fonte di discussione e turbamento
dell’altrimenti imperturbabile pax familiae.
La tua vita sociale viene fagocitata dalle altrui abitudini e, ovviamente, si
dissolve nel giro di pochi mesi. Finita, morta.
La discoteca rimane un ricordo di tempi passati, come quando
le nonne ti raccontano di quando in guerra si faceva il caffè con la cicoria.
«Con la cicoria, nonna?». Curarsi, vestirsi bene, depilarsi sono attività
riservate ai grandi eventi mondani cui prendi parte in ambienti tutelati, in
case di riposo riconvertite a luoghi di incontro per persone ormai sessualmente
innocue.
La fase suicida e autolesionista che pensavi di esserti
lasciata alle spalle con la morte di Kurt Cobain fa timidamente capolino tra un
rifiuto e l’altro.
Non si può fare niente, e la tua vita si riduce a timidi
rimbalzi tra il giardinaggio e la pappa per i gatti, mentre i tuoi contatti con
l’esterno si limitano al lavoro. Non ti vedono da quasi sei mesi, al pub. Non
c’hai una lira ed è vero. Dopo le 22.30 non si esce che fa freddo e ci sono i
drogati al volante. Non si esce dal proprio rione perché fuori c’è l’aperta
campagna ed è pieno di drogati che guidano con il freddo. Il pub dove ci sono
tutti i tuoi amici è un posto di merda e non ci si può andare, perché è
probabile che i tuoi amici siano proprio gli stessi che poi sfidano il freddo
per mettersi, drogati, al volante.
Il minimo approccio di un tuo coetaneo, anche se ubriaco al
volante, nel gelo della notte in aperta campagna, non fa pensare ad un amore
non ricambiato: si pensa subito al dolo, che ci sia il tuo zampino nel mancato
rilascio dei nostri marò e viene istituito un pubblico processo.
Speri che la tua squadra del cuore scenda in B per poter
piangere e liberarti con una scusa del rivo strozzato e del cavallo stramazzato
che ti si sono depositati sullo stomaco privi di tutta la bellezza della
metrica del Montale. Ma quegli undici mangiapane a tradimento + riserve
galleggiano a metà classifica nonostante una serie di prestazioni degne degli
ubriachi di cui sopra, spostati da dietro al volante a dietro al pallone.
Quando riemergi dalla coltre di accidia di oblomoviana
memoria, alcuni ti trovano anche spigliata e interessante, ma tu non
interagisci nella speranza di compiacere il marito che, invece, interagisce
eccome.
Ricominci a leggere miliardi di pagine al mese. Coltivi
qualsiasi specie sia mai esistita. Fai volontariato. Punto croce, uncinetto,
maglia. Vivi di dieta, fitness e palestra. Non parli da quattro giorni se non
per scambiare convenevoli e dare indicazioni di sorta sull’ubicazione
dell’abbigliamento nell’armadio.
Non si scopa. Sostanzialmente, il problema non è il
silenzio, è che non si scopa. Mai, per nessun motivo, nemmeno per sbaglio.
L’appagamento del desiderio sessuale non galleggia a metà classifica, è
sprofondato in Lega Pro e non ha alcuna intenzione di tornare agli antichi
splendori della massima serie.
Cominci a guardare con brama quasi-quarantenni che non si
arrendono al passare lento e inesorabile del tempo e preferiscono continuare a
bere in posti radical chic per essere
certi di accogliere l’alba dell’avvenire con dei postumi colossali. Guardare,
non toccare. Al massimo chattare, rispondere con cortesia e rifiutare con un
sorriso. I tuoi ex riemergono come lumache dopo la pioggia, ma tu sai cos’è
l’atarassia e ti appelli ai tuoi studi classici per risultare non solo
imperturbabile, ma un vero exemplum,
che Lucrezia, moglie di Collatino, non regge il tuo confronto.
La soluzione mista a tentazione fa perennemente capolino
dietro a ogni angolo, guardi con brama anche l’ignaro passante, investi con la
logorrea di chi non parla da giorni malcapitate centraliniste che volevano solo
farti cambiare gestore.
Ma le mie nonne che ne sapevano: il problema è che sono
dimagrita e non so come dirglielo.
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