È lei!

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giovedì 21 giugno 2012

Romanticherie vs Realtà

Ho letto un post che mi ha commossa. Sul serio.
In genere non mi commuovo, ma la PMS prevede anche questo. Lacrime a fiumi e considerazioni teologico-filosofiche sul corso della vita.

Non che nessuno nella mia famiglia abbia mai sperato che facessi un lavoro ben retribuito. Forse perché nessuno, nella mia famiglia, fa un lavoro ben retribuito. Nel senso, i miliardari non hanno il mio stesso cognome, pe' capisse.

Comunque, come dicevo giusto ieri, ho scelto di fare Lettere cavalcando l'onda del Romanticismo post-maturità e perché le materie letterarie erano il mio cavallo di battaglia. Muratori escluso. 
Muratori, finché non mi chiedi scusa, i nostri rapporti rimarranno tesi, e lo sai. 
Il primo corso che ho seguito, cavoli, ancora me lo ricordo: "La Lirica del Duecento": mi sentivo responsabile nei confronti della Storia, per quel corso che frequentavo.
La letteratura è una cosa bella. Bellissima. 
Poi ho seguito Grammatica Storica con Serianni, dannazione, non potete capire. O forse sì.

È difficile bilanciare il Romanticismo degli studi, perché di Romanticismo si tratta, con la realtà di ogni giorno. A Roma. Da studentessa fuori sede. Con uno stipendio da 700 euro al mese, 9 ore tutti i giorni, la domenica chiuso.
C'è da dire che un 30 di Grammatica Storica non varrà mai come un 18 di Analisi I.
Perché noi di Lettere, agli occhi del mondo, non produciamo reddito. Ti vergogni anche a scrivere sul curriculum che sei di Lettere. È come scrivere "segni particolari: appestato".
Agli occhi del mondo, vuol dire "non mi va di fare un cazzo".
Lettere è quella Facoltà che ti consente di trovare i lavori più umilianti che siano mai stati concepiti dal capitalismo in senso moderno. 
Se Marx avesse fatto lettere, si sarebbe suicidato a metà della stesura del Capitale. 

Io, comunque, sto facendo Lettere o, se preferiamo, Lingue e Culture del Mondo Moderno o, come si chiama adesso, Studi Europei e Americani interculturali. 
(Vi odio, perché americanistica non esiste più e ad Americanistica, a La Sapienza, ci insegnava Agostino Lombardo, non mi sorella.)

Se c'è una cosa che ti insegna Lettere, però, è che non vali un soldo bucato. 
La mia nonna non lo sa ancora che non troverò mai un lavoro, con la mia Laurea. 
Ora, che manca poco alla fine, comincia a sospettare qualcosa. Non mi ha più chiesto "e quando avrai finito, cosa farai?". Il solito uccellino deve aver parlato. 

Vorrei dirle, "Nonna, farò quello che ho fatto finora, ma potrò farlo full-time". 
Faccio quella che ha un losco passato da nascondere e cerca di eludere domande sconvenienti. 
Faccio anche quella che si incazza contro il TG perché il giornalista medio dice "sammit" e non "summit". 
Oppure la vigilessa. La vigilessa che ho incontrato ieri è laureata in archeologia. Lo credo che je rode 'r culo e molla multe come se piovessero.

Torniamo al post commovente, è vero, i soldi sono un tabù. I soldi non esistono, per noi di Lettere. 
Cioè, ci hanno detto che esistono, ma non ne abbiamo ancora le prove. 

Sappiamo, poi, che quei 100 talleri famosi, alla fine, erano una sòla: perché metterci il cuore sopra?

L'ultimo stadio del disprezzo dei soldi, è quello che sto vivendo io: mi truffo da sola.
Chiedo 5€ l'ora per le ripetizioni, 7€ come baby-sitter e se me ne dai 4€ per servire ai tavoli puoi avere la mia anima e un organo a tua scelta in un'unica soluzione. Vedi regolamento sul retro.
Sono arrivata ad essere pagata 2€ e 90 l'ora: dico, ti costavano così tanto quei dieci centesimi per fare cifra tonda? Ho resistito sei mesi, poi mi sono licenziata: non ho mai fiatato né parlato di paga.

Il disprezzo dei soldi, infine, ti porta inevitabilmente al disprezzo di te stesso, al punto di vergognarti di uscire di casa perché hai solo magliette dei concerti di Guccini che hanno tanti anni come "La Locomotiva" o perché quando vai a prendere l'aperitivo con le amiche puoi bere giusto un caffè al banco.

Miei cari Letterati con la L maiuscola, Pivelli sull'orlo del baratro che si chiama "mondo del lavoro", cercate di capire una cosa, quella cosa che io mi devo imporre ogni giorno come se fosse un cucchiaio di olio di ricino...ripetete con me: "perché voi valete".

Nonna, avrò un lavoro di merda, ma se mi chiederai "hai mangiato?" risponderò sempre "sì!".

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